venerdì 28 novembre 2008

Blablabla sì, ma... quale bla?


Catherine Kerbrat-Orecchioni, La conversation. Paris, Seuil (coll. Mémo), 1996, p. 92


Scrivevo nel lontano 1996:

È di quest'anno un'iniziativa nuova dell'arcinota casa editrice parigina, quella di approntare una serie di libretti divulgativi che viaggiano all'interno della storia, della filosofia e della linguistica. Risultato di un lavoro universitario che attesta una lunga pratica "sul terreno"dell'autrice, questo delizioso volumetto affronta, tra l'altro, il problema dell'interculturalità delle lingue.

Quante volte può capitare infatti di offendersi (o offendere) per aver ignorato (nel senso etimologico della parola) le regole di galateo dell'interlocutore straniero
Facciamo qualche esempio. Lo sapevate che un italiano (ma vale anche per il francese e per la cultura mediterranea in generale) in conversazione con un europeo nordico (lappone, svedese o danese) verrebbe giudicato un emerito maleducato perché non osserva almeno un minuto e mezzo di silenzio prima di (ri)prendere la parola?

E che per un giapponese il nostro abituale sorriso stampato sulle labbra a riprova della nostra (apparente) disponibilità può essere interpretato come un atteggiamento collerico nei suoi confronti?

Che la tipica mimica facciale di un commesso europeo (quella che consiste nel sollevare il mento e le sopracciglia e che può essere accompagnata da un "Desidera?") per un siriano equivale a un NO netto?

Ricorderete all'occasione che per un francese che vi offre una portata, il vostro merci (che traduce l'italiano grazie sì) equivale a un garbato rifiuto? Non offendetevi dunque se dopo il vostro riconoscente sorriso, la stessa persona girerà sui tacchi, rivolgendo la domanda a un altro commensale!

Se è vero che il look vestimentario può essere lo specchio che riflette la nostra prima immagine, sarà poi la parola responsabile del nostro passaggio (oppure no) dall'altra parte della dimensione: simpatia, fascino e culture savante sono importanti, ma non bastano certo a conoscere l'Altro né a farsi da lui (ri)conoscere. [Jacqueline Spaccini]

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pubblicato da Avvenimenti, 11.09.1996, p. 68 Rubrica Parole parole

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