giovedì 2 aprile 2009

Léo Ferré ou le mal de vivre


di Jacqueline Spaccini



Léo Ferré. Il cantore dell'immaginario (a cura di Mauro Macario). Eleuthera, 1994.
Le canzoni sono state tradotte da E. Medail; il saggio L'Anarchia da G. Gennari.


Chi ricorda che Léo Ferré, il poeta cantante, è morto nel 193 a Castellina in Chianti, dove viveva da venticinque anni?
Qualcuno sa che aveva scritto - tra l'altro - un saggio , sorta di elogio dell'anarchia?
Manco a dirlo, per il pubblico italiano più colto (e più attempato) Ferré è quello di Avec le temps (Dalida aveva restituito il testo in italiano con il titolo Col tempo va... Qui la versione di Patti Pravo).
Una canzone struggente per il testo e la melodia - Ferré era convinto assertore dell'assoluta complementarità delle due parti -; una condanna per chi, come lui, ha un patrimonio di "cinquecento canzoni, cinquanta album, due opere, una sinfonia, un oratorio lirico, un romanzo, tre libri di poesia" (p. 10).
Mauro Macario - che è poeta oltre che regista - ha voluto mostrarci l'anima politica di un Ferré di certo meno noto, meno rassicurante, ma più provocatorio: sedici canzoni/poesie e un piccolo saggio, L'anarchia.
C'è da chiedersi se oggi gli anarchici esistano ancora: la risposta del poeta è netta:

Y'en a un sur cent et pourtant ils existent
La plupart Espagnols allez savoir pourquoi
Faut croire qu'en Espagne on ne les comprend pas
Les anarchistes
(...)
Ils ont le coeur devant
Et leurs rêves au mitan
Et puis l’âme toute rongée
Par des foutues idées[1].

È poesia gridata, questa: non riscalda il cuore, non va letta in poltrona con la coperta a scaldare le ginocchia. Purtroppo il traduttore ha scelto di servircela con una camomilla. A parte infatti ogni considerazione sull'interpretazione generale della canzone in questione (Les Anarchistes), mi chiedo se abbia senso sacrificare in nome della rima corrose/favolose, la forza e la rabbia, il disincanto e la tenerazza di rongée [= rosa, nel senso di smangiucchiata] e di foutues [= fottute].
Nella seconda parte di questo piccolo testo, troviamo il Ferré anarchico. Per lui, questo è l'unico modo possibile all'uomo per essere tale.
Disperazione e rabbia sono le uniche compagne di viaggio nello sconfinato deserto che è la vita; malinconia s'aggira mesta nei dintorni, sulla speranza è stata issata bandiera a mezz'asta.
"La mia disperazione è una disperazione chimica. Muoio di morire ad ogni istante. Non ho salvezza che nel rifiuto - un inganno di più ma terribilmente sovrattivante" (p. 98).


pubblicato da Avvenimenti il 17.01.1996


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[1] Non son [che] l'un per cento ma credetemi esistono/In gran parte spagnolo chi lo sa mai perché/Penseresti che in Spagna proprio non li capiscano/Sono gli anarchici/ (...)/Hanno chiuso nel petto/Un sogno disperato/E le anime corrose/Da idee favolose (p. 31). Trad. di E. Medail.

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