mercoledì 8 luglio 2009

Francesco Hayez: Venere che scherza con due colombe


di Jacqueline Spaccini

Premetto che non vado pazza per l'opera di Francesco Hayez (1791-1882) in ragione di un certo idealismo stucchevole. Il famoso Bacio lo detesto, mentre evidentemente piaceva a Luchino Visconti, il quale lo tradusse nei corpi allacciati di Alida Valli e Ferley Granger (cfr. Senso).

Vidi questo quadro a Rovereto (MART), ma non lo ricordavo. L'ho rivisto a Roma, nell'aprile 2008, alla Mostra (Scuderie del Quirinale) Ottocento. Da Canova al Quarto Stato. E stavolta mi ha colpita.

Guardiamola più dappresso (consiglio di cliccare sull'immagine per ingrandirla), questa Venere callipigia.

Non c'è che dire: il corpo è stupendo. Non perfetto (ma stiamo ragionando coi "nostri" canoni): il seno oscilla tra una seconda e una terza misura (forse un 36B); il braccio destro è quasi più grande della sua esile schiena; i fianchi muliebremente sproporzionati [ma di certo migliori delle natiche - inguardabili - proposte da Gustave Courbet (clicca qui)]; le gambe sono lunghe, con polpacci da mezzofondista (da ballerina, nel suo caso) e conseguentemente caviglie non proprio sottili; i piedi faranno un 38,5 su un'altezza che - ad occhio - direi sull'1,72m.
Mi sembra di poter dire che l'immagine di Charlotte Chabert è appena ritoccata.
E veniamo al volto. Chissà com'era per davvero, visto che qui si riproduce un volto "grecoromano" (si pensi a quello dell'Artemide del Louvre o al naso della stessa Venere di Milo) con anche l'acconciatura ad hoc.

Che cosa c'è attorno al corpo eburneo? Due colombe (tra l'altro, mai viste colombe così), un paesaggio romantico che più (pre)romantico non si può (Sturm und Drang, direi).
Ma la cosa sorprendente è quel filo rosso. Bello. Bellissimo è come si adagia sui lombi della Venere lombarda.

E quel filo rosso dà valore a tutto il quadro.

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